Le tre tecniche di massaggio che fanno la differenza
I benefici dati dalle tecniche di massaggio al corpo e alla mente dell’uomo sono conosciute da millenni,
tuttavia quello che serve oggi, ad un buon massaggiatore per fare la differenza sono 3 tecniche speciali, di semplice manualità,
che portano benefici mirati e specifici per problematiche particolari, che molti trattano ma che non tutti sanno risolvere.
Queste tecniche sono:
- il massaggio trasversale profondo Guarda Video - CLICCA QUI
- il rilasciamento fasciale
- la compressione muscolare nel movimento attivo
Queste manovre, infatti, permettono di migliorare e risolvere in breve tempo patologie fastidiose come tendiniti, contratture muscolari, mal di testa muscolo tensivo, lombalgie e cervicalgie da tensione muscolo-fasciale.
Indicazioni e controindicazioni delle tecniche
Ovviamente per applicare in modo adeguato queste tecniche, è importante applicarle in sicurezza quando sono necessarie.
E’ importante accertarsi della natura prevalentemente muscolare o tendinea del problema.
Dico prevalentemente, perché spesso la componente muscolare è associata ad una rigidità articolare, che si tratta con altre tecniche e sulla quale ci soffermeremo un’altra volta.
In particolare è importante saper eseguire un buon esame neurologico dove si testano riflessi, forza e sensibilità cutanea della zona interessata o delle zone limitrofe.
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Questo serve a escludere la presenza di componente neurogena del dolore, che va affrontata in altra maniera. In caso non siate in grado di eseguire un corretto esame
neurologico avete due possibilità: impararlo, oppure accertarsi che il paziente sia stato valutato in tal senso da uno specialista medico, che abbia riscontrato
un esame neurologico negativo e quindi normale.
Prossimamente forniremo una descrizione accurata di come si conduce un esame neurologico corretta per valutare la conduzione dei nervi periferici che innervano
gli arti superiori e inferiori.
Ovviamente queste tecniche hanno tutte le controindicazioni generali dei massaggi quindi: stati febbrili, tumori, infiammazioni acute, rush cutanei,
herpes e altre che non elenchiamo per non appesantire il discorso.
Esecuzione della prima tecnica: il massaggio trasversale profondo
Una delle tecniche più efficaci che io conosca per trattare i tendini e le contratture muscolari è il massaggio trasversale profondo.
Per eseguire la tecnica bisogna prima saggiare il tessuto dell’area da trattare, per individuare le zone più dolenti, cercando di palpare la muscolatura perpendicolarmente
alla direzione dei tendini e dei muscoli.
Per esempio, se il mio paziente è sdraiato e presenta una contrattura alla coscia, per localizzarla è sufficiente muoversi trasversalmente
alla direzione della coscia stessa, applicando una pressione importante (qualche chilo) sul muscolo stesso, in modo tale che le dita riescano
a percepire eventuali salti o disomogeneità muscolari.
Solitamente questi punti sono dolorosi alla palpazione e riproducono i sintomi del paziente.
Una volta individuata la contrattura, con la stessa tecnica si procede al trattamento.
Quindi si andrà ad applicare una pressione nella zona interessata procedendo avanti e indietro in direzione trasversale alla zona stessa come
se si stesse affettando qualcosa con un coltello.
E’ indicato inoltre spostarsi su e giù per lavorare su un area di larghezza di qualche centimetro ripetto all’epicentro della contrattura ,
facilmente individuabile per il classico effetto della corda che scatta avanti e indietro.
I tendini vanno lavorati nella stessa maniera, anche se spesso la zona da trattare ha una superficie ridotta per l’anatomia degli stessi.
Il dosaggio ottimale del trattamento è 5 minuti a zona, da ripetere una due volte al giorno.
E’ possibile anche insegnare l’auto-trattamento al paziente, qualora non si riuscisse a trattarlo con tale frequenza.
Rilasciamento fasciale
Questa tecnica ha un ampio spettro di applicabilità si può effettuare su qualsiasi distretto muscolare.
L’importante è capire il principio di creare tensione sul tessuto che ricopre i muscoli fissando una mano al tessuto sottostante o a volte fissando le mani direttamente su capi ossei.
Facciamo due esempi per chiarire il principio.
Per il lavoro fasciale dei muscoli del collo sub-occipitali, si afferra la base dell’occipite con le dita che trazioneranno in senso longitudinale il collo,
come per allungarlo fino a raggiungere la sensazione si massima tensione, dove sentiamo che anche trazionando ulteriormente, non c’è più allungamento.
Da questa posizione, si mantiene la tensione per alcuni secondi (circa 5 o 6) e poi lentamente si rilascia la tensione, per circa 10 ripetizioni.
Su un altro distretto come la colonna lombare invece, si posiziona una mano come una pinza con il pollice su un quadrato dei lombi e le altre dita
sul quadrato dei lombi contro laterale.
Con questa presa, affondando le dita con una certa pressione si afferrano i tessuti e si sfrutta la mano libera per creare una trazione
sulla zona alta della schiena (a livello toracico).
L’idea è quella di allontanare le due mani facendo scorrere i tessuti cutanei e sottocutanei alla ricerca della direzione più rigida
dove sentiamo maggiore resistenza all’allungamento.
Anche in questo caso si mantiene la tensione, questa volta anche 10 o più secondi finché sentiamo che i tessuti si lasciano un po’ andare o il dolore si attenua.
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La compressione muscolare nel movimento attivo
La terza tecnica riguarda il trattamento delle contratture in prossimità di distretti molto mobili come il collo, la lombare la caviglia ecc...
In questi distretti, infatti, si riesce a richiedere facilmente la contrazione attiva del muscolo affetto da contrattura.
Quindi si effettua, durante la contrazione stessa, una compressione sulla zona dolente della contrattura.
Ovviamente, prima di iniziare questa tecnica è importante localizzare la zona della contrattura, attraverso la palpazione di cui abbiamo parlato in precedenza,
quando saggiavamo il tessuto in modo perpendicolare alla direzione muscolare.
La tecnica si articola con la richiesta di una ventina di movimenti durante il quale comprimiamo il muscolo.
Questi movimenti vengono ripetuti circa 5 volte. Già durante l’esecuzione della tecnica, dovrebbe diminuire il dolore e aumentare l’escursione del movimento attivo.
Per esempio, se vogliamo aumentare la rotazione del collo e troviamo una contrattura sull’inserzione scapolare dell’elevatore della scapola,
possiamo richiedere il movimento doloroso o limitato della rotazione.
Il paziente eseguirà il movimento mentre comprimiamo la contrattura.
Subito dopo le 20 ripetizioni, potremo fare già una piccola verifica del movimento attivo in rotazione del paziente,
per vedere se si è modificato o se dobbiamo variare l’intensità del trattamento o migliorare la localizzazione della contrattura.
La dimestichezza con queste 3 tecniche genererà dei risultati sempre migliori, man mano che si affina la sensibilità manuale.
Alcuni risultati saranno anche per voi sorprendenti!
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